L’Agenzia delle Entrate, con risposta n. 3/2021, è intervenuta con riguardo all’istituto della contribuzione volontaria. Tale istituto, a seguito di specifica autorizzazione da parte dell’INPS, permette al lavoratore di coprire eventuali periodi non coperti da contribuzione. Tra questi periodi rientrano quelli in cui non viene svolta alcuna attività lavorativa: nè subordinata, nè autonoma. Oppure nei quali il lavoratore ha chiesto brevi periodi di aspettativa non retribuita per motivi familiari o di studio. O ancora nei quali il lavoratore aveva un rapporto di lavoro a tempo parziale orizzontale o verticale. Nello specifico, l’Agenzia ha fornito chiarimenti in merito al corretto trattamento delle somme rimborsate dal datore di lavoro al dipendente che ha versato all’INPS somme a titolo di contribuzione volontaria. In generale, in base al c.d. principio di onnicomprensività sancito ex art. 49 TUIR, tutto ciò che il dipendente riceve in virtù del rapporto di lavoro deve essere considerato come imponibile. Ossia, “sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri.” Specifiche deroghe sono individuate dalla normativa nelle opere, nei servizi, nelle prestazioni e nei rimborsi spesa che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte. Fra tali deroghe non è contemplato il rimborso da parte del datore di lavoro della contribuzione volontaria versata direttamente dal dipendente all’INPS. Pertanto, gli emolumenti corrisposti periodicamente dal datore di lavoro al dipendente a titolo di rimborso per gli oneri sostenuti volontariamente non possono rientrare tra le disposizioni di esclusione dal reddito. I predetti emolumenti, quindi, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro del dipendente, in base al principio di onnicomprensività. |
Agenzia delle Entrate, risposta n. 3/2021 |